La Corte Europea difende nuovamente i diritti della lavoratrice madre a non subire discriminazioni alla fine del periodo di congedo per maternità.
La CGUE, con Sentenza del 7 settembre 2017, C- 174-16, ricorda i diritti della lavoratrice madre alla fine del periodo di congedo per maternità. La legge tutela la donna nel riprendere il proprio lavoro o un posto equivalente secondo termini e condizioni che non le siano meno favorevoli.
In tale contesto dichiara che la clausola 5, punti 1 e 2, dell’accordo quadro riveduto sul congedo parentale allegato alla Direttiva 2010/18/UE, osta alla normativa nazionale che prevede ipso iure la fine del periodo di prova, senza possibilità di proroga al termine di un periodo di due anni anche in caso di assenza correlata ad un congedo parentale.
La Corte di Giustizia conclude: “spetta al giudice del rinvio, se necessario disapplicando la normativa nazionale oggetto del procedimento principale, verificare, come imposto dalla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, se, in circostanze come quelle in esame nel procedimento principale, per il Land interessato, in qualità di datore di lavoro, fosse oggettivamente impossibile consentire all’interessata di ritornare allo stesso posto di lavoro al termine del congedo parentale e, in caso affermativo, garantire che a quest’ultima sia attribuito un posto di lavoro equivalente o analogo corrispondente al suo contratto o al suo rapporto di lavoro, senza che tale assegnazione di posto possa essere subordinata alla previa effettuazione di una nuova procedura di selezione.
Spetta parimenti al giudice medesimo garantire che, al termine del congedo parentale, l’interessata possa proseguire, per lo stesso posto cui è ritornata o che le sia stato assegnato ex novo, un periodo di prova a condizioni conformi ai requisiti dettati dalla clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro riveduto”.
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Avv. Vittoria Mezzina
Codice Donna – Diritto del lavoro
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