Dopo lo scandalo Weinstein che ha coinvolto il cinema americano, anche le donne del cinema italiano affrontano, a testa alta, il tema della violenza e della discriminazione di genere, mettendo ben in luce, con l’intenso monologo recitato da Paola Cortellesi, come i due temi siano profondamente legati.
Se c’è discriminazione, se c’è disparità, nella società, in famiglia, sul lavoro, prima o poi, non importa dove o sotto quale forma, c’è violenza.
E la disparità, la disuguaglianza tra i generi ha origini tanto profonde, da essersi radicate nel nostro stesso linguaggio, nei nostri modi di dire.
Ma al di là dell’acuto e pungente monologo della Cortellesi (peraltro scritto da un uomo, Stefano Bartezzaghi), vi è la lettera che le attrici italiane hanno indirizzato al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, chiedendo un codice etico, che regoli i comportamenti negli spazi di lavoro, la parità di salario e di incarico e l’educazione al rispetto delle diversità di genere sin dalle scuole dell’infanzia.
Una lettera significativa, perché mostra come oggi la prima e fondamentale battaglia delle donne non sia quella per ottenere maggiore protezione o tutela da parte delle istituzioni, ma quella che dovrà portarci ad essere finalmente, rispettate, riconosciute, rappresentate e valorizzate semplicemente per quello che siamo, in ogni ambito delle nostre vite.