Lo ha chiesto il pg Marcello Matera alle Sezioni unite, chiamate a decidere se confermare o meno il verdetto Grilli che aveva archiviato il criterio.
ROMA – Il criterio del tenore di vita goduto durante il matrimonio deve ancora essere preso a riferimento nelle cause di divorzio per valutare il diritto del coniuge più debole a ricevere l’assegno di divorzio. Lo ha chiesto il pg della Cassazione, Marcello Matera, alle sezioni unite della Suprema Corte, che devono decidere se confermare o meno il verdetto “Grilli”, che ha archiviato il criterio tenore di vita. La decisione degli ermellini sarà depositata tra circa un mese.
• IL CASO GRILLI
Il criterio del tenore di vita “analogo” a quello avuto durante la vita matrimoniale era stato uno dei capisaldi nel quantificare l’importo dell’assegno di divorzio. Fino alla sentenza della prima sezione dell’11 maggio 2017, sul caso dell’ex ministro dell’Economia Vittorio Grilli e Lisa Caryl Lowenstein, che ha introdotto invece il principio della autoresponsabilità. Stando a quella sentenza, l’assegno non va più calcolato sulla base dello stile di vita avuto durante il matrimonio, ma sulla base dell’autosufficienza economica dell’ex coniuge. Perché, secondo i giudici, “si deve superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come una sistemazione definitiva”.
• IL MAXI-ASSEGNO A VERONICA LARIO
Una decisione che ha fatto molto discutere e che ha portato a una serie di conseguenti eclatanti: nel processo Berlusconi-Lario, lo scorso novembre, l’ex moglie del Cavaliere ha ricevuto lo stop al maxi-assegno da 1,4 milioni, proprio perché la corte d’Appello di Milano ha applicato il precedente Grilli-Lowenstein.
• IL PG: “VALUTARE CASO PER CASO”
“La premessa – ha detto Matera – è che ogni giudizio richiede la valutazione delle peculiarità del caso concreto perché l’adozione di un unico principio, come quello stabilito dalla sentenza Grilli, corre il rischio di favorire una sorta di giustizia di classe”. Si può anche convenire, ha aggiunto il pg nella requisitoria, di prendere a parametro di riferimento il criterio dell’autosufficienza, “ma non si può escludere di rapportarsi anche agli altri criteri stabiliti dalla legge quali la durata del matrimonio, l’apporto del coniuge al patrimonio familiare, il tenore di vita”.
• L’APPELLO DELLE DONNE
Ma decine di associazioni femministe e di donne di spicco (storiche, giuriste, sociologhe, politiche, giornaliste, avvocate) sono scese in campo firmando un appello alle Sezioni Unite, il cui parere ha valore di orientamento, per chiedere che il parametro del tenore di vita non sia abolito, ma confermato. L’Italia, dicono, non è (ancora) un Paese paritario, bensì “connotato da un forte squilibrio di potere nelle relazioni familiari, sia nella dimensione lavorativa”. Nel senso che ancora oggi molte donne sacrificano la professione alla cura della famiglia, dei figli, spesso anche alla carriera del marito.
“UNO STEREOTIPO SESSISTA”
Finora, in caso di divorzio, i giudici tenevano conto di questo “lavoro invisibile”, conteggiandolo nell’assegno di mantenimento. Il criterio Grilli, spiegano le firmatarie dell’appello, da Chiara Saraceno a Linda Laura Sabbadini, può funzionare forse tra ex con parità di reddito e di professioni. Oppure dove esistono notevoli ricchezze, come nel caso Lario-Berlusconi. Ma nella vita reale può essere una tragedia per migliaia di donne, cui finora il parametro del “tenore di vita” ha garantito dopo il divorzio la semplice sussistenza. Ecco il perché di un appello contro un orientamento giurisprudenziale che “recependo lo stereotipo sessista sulle ex mogli, donne avide a scapito degli ex mariti, ignora la realtà dei rapporti sociali e familiari in Italia”.