Prima di entrare nel merito di quanto affermato il 10 ottobre 2018, sul Corriere della Sera, da Angelo Panebianco, nell’articolo “IL DDL Pillon, l’affido dei figli, discutiamo senza faziosità”, non possiamo astenerci da una valutazione complessiva dell’articolo stesso che dimostra di essere superficiale nell’affrontare un argomento squisitamente tecnico e di non avere gli strumenti culturali per valutare con competenza e serenità cosa succederebbe se detto DDL divenisse Legge.
Egli giudica il progetto Pillon “abbastanza equilibrato”, uno sforzo per rimediare ai difetti dell’attuale legislazione.
Nell’esaminare il DDL, Inizia a prendere in considerazione gli interessi di alcune categorie che – a suo dire – ne uscirebbero minacciate.
La prima categoria sarebbe quella degli avvocati perché “se il progetto di Pillon andasse in porto, il numero delle cause sull’affido dei figli, com’è accaduto in altri paesi crollerebbe. Agli avvocati fatti due conti non conviene.”.
Argomento offensivo, privo di pregio e del tutto estraneo ai drammi che sarebbero prodotti qualora andasse in porto il suindicato progetto. Ed invero, attaccare una categoria professionale, sulla base di esclusive considerazioni personali, prive di qualsivoglia supporto, corrisponde ad un comportamento tanto superficiale, quanto scorretto. Accusare gli avvocati di accattonaggio rispetto alla professionalità ed alla competenza di tanti colleghi appartenenti alla categoria non può che indignare e imporre di rispedire l’offesa al mittente.
La seconda categoria sarebbe quella “delle donne separate che guadagnano…e dovrebbero rinunciare all’assegno per il mantenimento della prole….sarebbe falso che il genitore economicamente più debole sarebbe svantaggiato”.
Secondo il giornalista il “piano genitoriale”, cui fa successivamente riferimento, terrebbe conto delle differenti risorse economiche di ciascun genitore e quindi determinerebbe differenti capitoli di spesa a seconda dei redditi delle parti.
Una simile obiezione, che si traduce in una grave offesa per le donne tutte, presuppone una serie di passaggi che il giornalista ha ignorato:
- Il piano genitoriale già esiste dal lontano 2006, ipotesi rimasta lettera morta, in quanto nessun genitore l’ha mai potuto mettere in atto;
- Pillon fa scaturire il piano genitoriale da una Mediazione Familiare imposta per legge, parlare di Mediazione e di obbligatorietà è un ossimoro, giustificato da chi non conosce la Mediazione stessa, perché presupposto indispensabile per una corretta impostazione dell’Istituto è proprio la libertà di accesso da parte dei genitori;
- nell’Italia centro meridionale lavora una donna su tre, e quelle che lavorano spesso percepiscono una retribuzione assolutamente modesta. Sulla base di questo dato, non si comprende come una donna possa lucrare da un assegno di mantenimento previsto per i figli, quando mediamente le spese vive di gestione della casa e del menage familiare superano di gran lunga l’ammontare deciso per il mantenimento dei figli: la gran parte delle donne non arriva a fine mese. Inoltre, è bene ricordare che molti padri separati non corrispondono l’assegno di mantenimento pattuito o imposto dal Tribunale;
- la determinazione di un piano genitoriale contenente la previsione di capitoli di spesa determinerebbe la mancanza della determinazione di una somma certa nell’ammontare, presupposto indispensabile per munirsi di un titolo esecutivo di fronte all’inadempimento.
L’articolo segue con una lunga e poco chiara digressione sull’attività lobbistica, lecita nel nostro ordinamento ma talora faziosa, alla quale non è possibile replicare per l’inconferenza di un siffatto argomentare, tra l’altro, come detto, non comprensibile.
Si tratta, comunque, di argomentazioni prive di alcun rilievo, rispetto ai veri interessi e diritti da tutelare : quelli dei bambini e dei genitori
Inviterei Angelo Panebianco a vivere e a seguire personalmente un processo di separazione per capire come il DDL Pillon sia del tutto impraticabile per i genitori e lesivo alla crescita e del benessere dei bambini cui il ddl Pillon dice di rivolgersi.
Simona Napolitani