Uno dei parametri rilevanti per calcolare l’assegno di separazione o di divorzio, a favore del coniuge economicamente più debole, durante i relativi procedimenti, è la durata del matrimonio. Spesso, le nozze sono precedute da periodi più o meno lunghi di convivenza dei quali il Giudice non tiene conto, perché la convivenza giuridicamente rilevante. Pertanto la determinazione del mantenimento va commisurata esclusivamente alla durata del matrimonio, a danno del coniuge debole economicamente (quasi sempre la donna), che semmai negli anni antecedenti al matrimonio si è ugualmente sacrificato per la famiglia a discapito della propria autonomia di vita e di lavoro. La convivenza può durare anche molti anni, nel corso dei quali la vita della coppia segue un percorso che può ripresentarsi, come spesso avviene, anche nel successivo rapporto coniugale: in sintesi, un percorso in cui prevale il contributo personale che una delle parti ha dato alla conduzione della vita familiare anche in sostituzione o in aggiunta al lavoro extradomestico, con il pregiudizio che ne consegue per quanto riguarda le prospettive di autonomia economica e di affermazione professionale.
Il legislatore, purtroppo, non si è pronunciato al riguardo, violando le ragioni equitative che indicono a considerare anche il periodo della convivenza more uxorio come un elemento che integra la durata del matrimonio o dell’unione civile. Come spesso accade, ci pensa la giurisprudenza, ed infatti il Tribunale di Pordenone ha – con una visione lungimirante ed equitativa – stabilito che “ Nei giudizi di divorzio, nella specie di un ‘unione civile, la misura dell’assegno provvisorio concesso con l’ordinanza pronunciata nella fase presidenziale viene determinata non soltanto con la durata del rapporto costituto con l’unione ma anche con quella della convivenza anteriore che ne abbia i medesimi caratteri costitutivi.”
Speriamo che presto il legislatore intervenga a tutela delle famiglie di fatto.
Avv. Simona Napolitani