Non ci sono solo l’infedeltà e la violenza per far fallire il matrimonio: pesano anche disaffezione e inadeguatezza. Quando si pensa all’addebito, l’associazione più immediata è l’avvenuto tradimento o la violenza intrafamiliare.
Una recente decisione di un Tribunale di merito ha infatti ritenuta fondata la richiesta di addebito al marito da parte della moglie per la «condotta assolutamente inadempiente ai doveri coniugali e familiari» da parte dell’uomo. Purtroppo è una condotta di un uomo (che si replica in molte famiglie e a cui spesso non si dà peso). Nella causa in esame le figlie testimoniano che il padre non è mai andato a parlare con i loro insegnanti o ad accompagnare dai medici una delle due, che ha avuto gravi problemi di salute. In seguito rifiuta di pagare le tasse universitarie e le bollette, tanto che la famiglia rischia il taglio delle utente, scongiurato in extremis da un parente. Né presta assistenza a una delle ragazze, vittima di un furto nell’appartamento che occupa come fuorisede. Insomma: non offre alle figlie alcun supporto, affetto e ausilio morale e materiale.
È un comportamento riconducibile ad una cultura ancora patriarcale che si respira in molte famiglie: tutti i compiti di casa e di cura dei figli ricadono sulle donne, le quali, silenti, adempiono ai lavori che ritengono di loro competenza.
È il momento di condividere la cura della famiglia in un ottica di parità, nessun uomo deve usare violenza, non solo fisica, ma anche psicologica.
E non c’è dubbio, per un problema culturale, che l’addebito possa scattare per ogni condotta che va oltre la soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque doverosa per la personalità del partner. Lo stesso vale quando i fatti accertati a carico costituiscono violazione di norme di condotta imperative e inderogabili, traducendosi nell’aggressione a beni e diritti fondamentali della persona quali l’incolumità e l’integrità fisica, morale sociale dell’altro coniuge.