Con sentenza del 10 giugno 2024, n. 1605, la Suprema Corte di Cassazione ha espresso, o meglio ribadito, un importante principio: la convivenza con un altro uomo, una volta venuta meno l’unione matrimoniale, non fa necessariamente cessare il versamento dell’assegno divorzile a carico dell’ex marito.
Il profilo importante della citata sentenza riguarda il concetto di convivenza. In particolare, non occorre una vera e propria quotidiana coabitazione, mentre è significativo un progetto di vita comune, che tenga conto della stabilità della relazione sentimentale, dalla quale discendano reciproche contribuzioni economiche. Tali ultimi elementi devono essere provati dalla parte che nega la legittimità della contribuzione dell’assegno divorzile. La Corte di merito ha escluso la convivenza, pur riconoscendo la stabilità della frequentazione, che tuttavia è cosa diversa da vivere insieme stabilmente nella stessa casa, solo in presenza di una coabitazione stabile può presumersi l’esistenza di una effettiva convivenza senza bisogno di ulteriori prove (Cass. 6009/2017), mentre in assenza di coabitazione deve essere rigorosamente provata la sussistenza di un nuovo progetto di vita dello stesso beneficiario con il nuovo partner, dal quale discendano inevitabilmente reciproche contribuzioni economiche, gravando l’onere probatorio sul punto sulla parte che neghi il diritto all’assegno (Cass. 3645/2023). Inoltre, e l’argomento è risolutivo, la Corte di merito ha ritenuto perma-nesse invariata la funzione compensativa dell’assegno divorzile in ragione del sacrificio sostenuto dalla donna nel corso della vita matrimoniale e quindi, in ogni caso, anche ove fosse stata provata la coabitazione, e non già la semplice “frequentazione” o relazione sentimentale, non vi sarebbero i presupposti per la revoca dell’assegno (Cass. Sez. Un. N. 32198/2021).
Avv. Simona Napolitani