Commette reato la madre che ostacola l’esercizio del diritto di visita tra la figlia infraquattordicenne e l’altro genitore ed è punibile con la reclusione per 4 mesi e al risarcimento del danno determinato in via equitativa nell’ammontare di euro 3.000,00. Questa decisione della Suprema Corte di Cassazione fa parte di un orientamento giurisprudenziale che si sta consolidando che non solo non recepisce le reali dinamiche familiari, ma che è anche molto pericoloso. Tanti minori hanno difficoltà ad incontrare il padre dopo la separazione, a mantenere con lui un rapporto affettivo e relazionale. La risposta più facile attribuisce al genitore collocatario (quasi sempre la madre) un comportamento alienante, che, anche concretizzando gli estremi di reato, tenta di cancellare la figura paterna e di strumentalizzare i figli, veicolando tramite loro, il rancore che nutrono nei confronti dell’ex partner. Insomma, le donne, da che denunciano situazioni di malessere e di disagio dei figli, nella speranza di poterli tutelare, sostenere e aiutare a superare questi gravi problemi di rapporto con il padre, finiscono sul banco delle imputate, perché accusate di alienare la figura paterna e di non essere madri adeguate: meglio, quindi, allontanare i figli, perché il rapporto con tale figura potrebbe arrecare loro danno!!! Tutto ciò risponde ad un’errata rappresentazione della realtà, che non tiene conto, nella maggior parte dei casi, di come si sono realmente svolti i rapporti e le dinamiche familiari. (continua)
Simona Napolitani, avvocato in Roma, e.mail: simonanapolitani@libero.it